Piccola riflessione sull’amore: come ci innamoriamo, perché ci lasciamo
L’amore è un sentimento misterioso che ubbidisce però ad alcune “regole”, che detteranno anche l’andamento e il destino del rapporto …
Non amiamo la vita perché siamo abituati alla vita, ma perché siamo abituati all’amore.
C’è sempre un po’ di follia nell’amore, ma c’è anche sempre un po’ di ragione nella follia.
(F. Nietzsche)
L’innamoramento è un processo misterioso attraverso cui due persone si “riconoscono” come uniche e speciali l’una per l’altra. La scelta dell’oggetto d’amore non è legata solamente alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche, ma ha a che fare con qualcosa di profondo, che muove il nostro mondo segreto di rappresentazioni, vissuti, fantasie, aspettative su noi stessi, sui rapporti e sull’amore.
L’innamoramento è un gioco di immagini riflesse: ci innamoriamo dell’immagine che l’altro ci rimanda di noi, e che noi rimandiamo a lui. La persona che suscita il nostro sentimento diventa il nostro Altro, un’immagine idealizzata, potente, perfetta, che allevierà la nostra solitudine, colmerà le nostre mancanze, risveglierà i nostri sensi. Anche noi, se ricambiati, ci sentiremo potenti, perfetti, degni d’amore.
L’innamoramento è come un sogno, una condizione di non piena lucidità, in cui scattano potenti meccanismi che contribuiscono all’idealizzazione dell’altro e al ridimensionamento o negazione di tutti i difetti e le imperfezioni. Si attivano anche forti proiezioni, che spingono a mettere nell’altro i nostri pensieri, emozioni e vissuti, leggendoli come se provenissero da lui.
Molto dell’amore cantato da una certa letteratura ha a che fare con questa forma di desiderio assoluto di un altro idealizzato. Spesso, l’oggetto dell’amore del poeta non è neppure da lui conosciuto, oppure il rapporto non è mai stato consumato. Questo amore è totale perché rimane vergine dall’incontro con l’altro, da ogni possibile disillusione.
Quando siamo innamorati, è come se rinascessimo a nuova vita: ci sentiamo energici, vitali, l’emotività è alle stelle, la mente rapita dal pensiero dell’amante. L’amore riempie ogni vuoto, risolleva da ogni tristezza.
Amore, idealizzazione e riconoscimento
Conoscere è discernere la portata dell’illusione
(E. Cioran)
Pensiamo al primo legame d’amore, quello tra la madre e il bambino: la mamma fantastica sul figlio atteso e, dopo la nascita, dovrà confrontare le sue aspettative con il bambino reale: scatta qui il processo di riconoscimento, in cui l’altro viene visto e conosciuto per quello che è.
Qualcosa di simile accade nell’innamoramento: un incontro “speciale” ci ha smosso nel profondo, aprendo la porta dei nostri scenari inconsci: ne escono fantasie, desideri, aspettative, paure che iniziano a “danzare” nella nostra mente, a dare forma alle nostre fantasie sulla persona e sul rapporto.
All’inizio predominano i processi di idealizzazione: per iniziare il viaggio verso l’altro, e dentro noi stessi, abbiamo bisogno di lenti che ne massimizzino i pregi e minimizzino i difetti. In realtà, quello che vogliamo è una “parte” di lui, quella che si adatta alle nostre fantasie. La conoscenza dell’altro ci pone di fronte al compito del riconoscimento, che sarà tanto più difficile quanto più sono stati potenti i meccanismi di idealizzazione e proiezione. Se l’innamoramento è la grande illusione, il riconoscimento è discernere la portata dell’illusione.
Amore, vitalità e potenza
Ogni volta che mi guardi nasco nei tuoi occhi.
(J. Riechmann)
Due innamorati si guardano con quel “luccichio” nello sguardo tipico del modo di guardarsi di mamma e neonato: si perdono negli occhi dell’altro come in un’infinita scoperta, ma anche come in uno specchio, che rimanda un’immagine ammirata, desiderata.
Il luccichio negli occhi della madre è il fondamento del narcisismo infantile, cioè della possibilità del bambino di trovare se stesso come persona intera, degna di amore e ammirazione. Ma è soprattutto il fondamento della sensazione di “esserci realmente”, perché muoviamo qualcosa nell’altro, qualcosa di potente. Dunque, è la base del senso di vitalità e interezza del Sé. Se il genitore ci ama è perché siamo amabili, dunque abbiamo valore.
L’unione particolare, simbiotica, che si stabilisce tra mamma e neonato, permette a un essere così fragile e incompleto, spaventato dal mondo, di sperimentare un senso di completezza, di onnipotenza, perché sa che i suoi bisogni saranno soddisfatti. È un’esperienza magica, quest’unione con un altro potente, forte, che si prende cura di noi e ci protegge dal mondo.
Qualcosa nell’innamoramento adulto richiama questa esperienza primaria di amore assoluto: la promessa di essere uno per l’altro tutto, e assieme una cosa sola, la speranza, il senso di onnipotenza nel far parte di un “grande noi” che trascende le nostre solitudini e miserie individuali.
È come se l’innamoramento ci riportasse in quello stato lontano in cui non c’erano limiti e barriere tra noi e l’altro, in cui la simbiosi garantiva il soddisfacimento dei bisogni, l’alleviamento delle tensioni e allontanava ogni angoscia.
Amore e disillusione
Dopo il vivere e il sognare, ecco ciò che più conta: il risveglio
(A.M. Ruiz)
Quando si è nel pieno dell’innamoramento, non è facile uscire da questo stato di “trance”, riprendersi le proprie proiezioni, rinunciare all’idealizzazione. Spesso, quando le cose non vanno bene, si incolpa l’altro, lo si accusa di non essere stato sincero, di essersi spacciato per quello che non era. Ma la verità è che siamo noi ad averlo visto in modo diverso, complici tutti i meccanismi di cui abbiamo parlato. Lui si è prestato alle nostre idealizzazioni e proiezioni, come noi alle sue, perché è proprio questo il gioco dell’innamoramento.
Quando l’innamoramento finisce si deve elaborare un vero e proprio lutto: il mondo falsamente pieno appare all’improvviso falsamente vuoto.
È sulla qualità del mondo interno dell’innamorato che dobbiamo interrogaci per capire come potrà “reggere” l’esperienza dell’innamoramento, e la sua eventuale fine.
Amore, personalità e ricerca di sé
Proponiti di trovare te stesso, e di sapere che,
chi trova se stesso, perde la sua infelicità.
(M. Arnold)
La possibilità di innamorarsi dipende dalla nostra struttura di personalità. Per unirsi, per riconoscersi, bisogna essere persone separate, individuate, con una precisa identità. Allora c’è l’incontro tra due realtà e i normali processi di idealizzazione e proiezione non prenderanno il sopravvento sulla possibilità di conoscere veramente l’altro.
In adolescenza si sviluppano amori folli, coinvolgenti, in cui le idealizzazioni e le proiezioni sono al massimo grado, proprio perché l’adolescente nell’altro cerca più se stesso, la propria identità, e nella relazione cerca l’Amore con la lettera maiuscola. È in un momento di particolare fragilità a livello identitario, poiché deve integrare nell’immagine di sé quella del corpo che cambia, che diventa sessuato. Amore e sesso sono esperienze intense e sconvolgenti perché si iscrivono in questo percorso di ricerca e scoperta di sé.
Gli adolescenti con una struttura di personalità poco solida, non si avventurano in questo campo, per loro minato, perché la perdita dei confini del sé che caratterizza la fase dell’innamoramento è troppo rischiosa per chi non ha confini solidi. Questo vale anche per gli adulti, che si tengono a distanza da un eccessivo coinvolgimento emotivo, magari privilegiando la sola dimensione sessuale, per il timore di smarrirsi nell’intensità emotiva dell’innamoramento.
Ci sono poi gli innamorati che non mangiano, non dormono, pensano costantemente all’oggetto del loro desiderio, si ritirano dalla vita sociale e hanno difficoltà a svolgere le normali attività. Aspettano l’amante tutto il giorno e sembra che il resto non conti più nulla. Siamo qui nella situazione opposta: di fronte al traballare dei confini del sé, li annullano e si lasciano completamente invadere dall’altro.
Né troppo lontani, né troppo vicini
La felicità e propria degli uomini indipendenti.
(Aristotele)
La separazione e l’individuazione sono il più grande processo psicologico che l’individuo porta a termine dall’infanzia all’età adulta, talvolta anche oltre: per essere separati, bisogna riconoscersi come soggetto autonomo, indipendente, che non ha bisogno dell’altro per colmare i propri vuoti, coprire le lacune della stima di sé, sviluppare una propria progettualità.
Le personalità più fragili possono da un lato investire eccessivamente nella fase dell’innamoramento, buttandosi a capofitto, idealizzando e proiettando senza misura e perdendo così la possibilità di capire realmente se l’altro è la persona giusta, o anche semplicemente cosa stia succedendo. Dall’altro possono ritirarsi dalla “lotta”, temere relazioni troppo intense, trovare (magari) qualcuno di rassicurante con cui condividere una parte della propria esperienza, senza andare troppo oltre. Sia in un caso, sia nell’altro viene meno la possibilità di investire nel rapporto, di trasformarlo in un amore, cioè in un progetto di vita, perché si è o troppo vicini o troppo distanti.
Quando nasce un amore va difeso dall’inizio, non mettendolo su un piedistallo, non annullandosi l’uno con l’altro, non chiedendo cio’ che non ci può essere dato. E’ fin dall’inizio che bisogna difendere l’amore, non promettere la luna e dare almeno la terra, non garantire l’eternità ma almeno il tempo presente.
Contatti: studio di psicologia e psicoterapia
Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.