Adolescenti in lotta con la bilancia: può essere l’indizio di un disturbo più profondo
Quando in adolescenza compaiono ossessione per il peso e rifiuto o impossibilità di alimentarsi in modo adeguato, bisogna fermarsi e capire cosa sta succedendo, poiché può essere il sintomo di un disagio profondo.
In adolescenza l’attenzione al proprio aspetto fisico sale alle stelle: le ore ad interrogare lo specchio, la cura maniacale per l’abbigliamento come espressione della propria personalità, lo scrutarsi in ogni dettaglio, anche in relazione alle forme e al peso del corpo, l’ansia per ogni difetto, vero o presunto.
Questo è del tutto normale. Il ragazzo o la ragazza, a partire dalla pubertà, devono affrontare ed elaborare moltissimi cambiamenti: un corpo che si trasforma repentinamente e diventa un corpo sessuato, di uomo o donna. Nuovi ruoli e responsabilità dentro e fuori la famiglia. Una diversa identità e status sociale, che avviano verso l’età adulta.
Tutti questi cambiamenti devono essere elaborati a livello mentale e molti dei nuovi comportamenti dell’adolescente testimoniano proprio che questo lavoro psichico è in atto: attenzione al corpo, fluttuazioni dell’umore, contrasti con i genitori, forte investimento nel gruppo dei pari, momenti di chiusura in se stesso.
Ci sono però situazioni in cui questo lavoro non riesce ad avviarsi o procedere e le difficoltà di crescita possono manifestarsi attraverso una sintomatologia psicologica e comportamentale varia, investendo anche il corpo ed il rapporto con il cibo.
Questa sintomatologia va sempre decifrata a partire dalla situazione psichica di base di ogni adolescente (organizzazione di personalità), con particolare riferimento al funzionamento familiare ed al contesto di vita.
Il corpo che cambia: quali effetti sulla psiche?
Le trasformazioni del corpo, che assume le caratteristiche sessuali, stravolge l’immagine di sé dell’adolescente, che deve affrontare un lungo percorso per integrare questi cambiamenti a livello mentale e costruirsi una nuova e più adeguata immagine di sé.
È un periodo caratterizzato da incertezze, da una attenzione estrema al proprio aspetto fisico: ogni dettaglio, ogni piccolo difetto, reale o immaginato, viene passato ai raggi X.
Questo non deve essere interpretato, superficialmente, come un’esigenza estetica, ma è qualcosa che ha a che fare con l’identità profonda dell’adolescente, il suo senso di adeguatezza/inadeguatezza nella transizione verso l’età adulta, con tutti i significati che questo comporta, a livello biologico, psicologico e sociale.
Ogni adolescente ha le sue fragilità
L’adolescenza è per tutti un periodo di fragilità: anche le ragazze e i ragazzi più “forti” hanno delle profonde insicurezze, legate ai problemi ed ai conflitti relativi alla crescita, all’autonomia, allo svincolo dai genitori, allo sviluppo sessuale, con i nuovi bisogni e tensioni che comporta.
Per intraprendere il processo che porterà all’acquisizione dell’identità adulta, bisogna potersi staccare dai genitori quali punti di riferimento assoluti ed incamminarsi sulla strada dell’individuazione e dell’autonomia psicologica, facendo nuovi investimenti, fuori dalla famiglia, e attivando nuove identificazioni: con il gruppo dei pari e con modelli adulti diversi.
Ci sono adolescenti che, per motivi diversi, dal punto di vista psichico, non hanno gli strumenti per integrare il cambiamento ed elaborare tutte i vissuti che questo comporta. Allora iniziano i problemi, che possono esplodere con i disturbi del comportamento o le condotte autodistruttive e spericolate, o esitare in drammi silenziosi, come nel caso dei disturbi alimentari o della depressione adolescenziale.
I disturbi alimentari: quando il corpo diventa teatro del malessere
La maggior parte dei disturbi alimentari, come anoressia e bulimia, esordisce proprio in adolescenza, a partire dai 12 anni, o nella prima età adulta, mentre raramente si presentano per la prima volta in età matura.
L’anoressia comporta una forte restrizione all’assunzione di cibo, che produce un peso corporeo inferiore al minimo previsto in relazione ad età, sesso, altezza e costituzione fisica. Vi è un’intensa paura di ingrassare (anche quando si è fortemente sottopeso) o comportamenti persistenti che interferiscono con l’aumento di peso: attività fisica eccessiva, vomito autoindotto, abuso di lassativi o diuretici, ecc.
Nella bulimia assistiamo a ricorrenti abbuffate, in cui la persona mangia in un tempo X una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui assumerebbe in circostanze simili, con la sensazione di perdere il controllo. Si associano condotte compensatorie, volte a tentare di prevenire l’aumento di peso: vomito, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva.
Nel disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder), invece, non abbiamo la messa in atto sistematica di condotte volte al controllo del peso. Durante le abbuffate, la persona mangia grandi quantità di cibo, anche se non è affamata, molto più velocemente del normale, non smettendo finché non si sente dolorosamente piena. Spesso mangia sola a causa dell’imbarazzo e della vergogna, dopo si sente disgustata verso se stessa, depressa o molto in colpa.
Anche le condotte ortoressiche, caratterizzate da regole molto ferree rispetto all’alimentazione ed un’attenzione eccessiva al “cibo sano”, oppure il culto del corpo asciutto e muscoloso, con le restrizioni alimentari e di vita che ne conseguono, possono rientrare in aspetti di un disturbo alimentare, frequenti anche nei ragazzi.
Controllare il corpo per controllare il mondo interno
Nel contesto di fragilità e insicurezza dell’età adolescenziale, di fronte ad emozioni, bisogni e desideri nuovi e sconosciuti, legati anche all’emergere della sessualità, alcuni adolescenti, soprattutto ragazze, possono essere spinte a intraprendere diete drastiche, per avvicinarsi ad un ideale di perfezione che è nella loro mente (confermato e ribadito dal contesto culturale e sociale), ma anche per tenere a bada, attraverso il controllo del corpo, un mondo interno di tensioni e pulsioni che appare minaccioso e poco gestibile sul piano mentale.
Questo corpo ideale non è però mai raggiunto, non solo per l’obiettiva difficoltà di rispecchiare un’ideale di bellezza e magrezza assoluta, ma soprattutto perché il disturbo alimentare proviene da istanze psicologiche profonde: la ragazza non si vedrà mai come desidera, avrà sempre il bisogno di esercitare un controllo assoluto sul cibo, o di recuperare il controllo perso, vivrà nel terrore di ingrassare, al prescindere dal suo peso reale.
L’acquisizione dell’identità sessuale adulta
Con l’adolescenza, non riuscendo a integrare nel proprio immaginario il corpo sessuato e le nuove tensioni e pulsioni che ne derivano, queste ragazze regrediscono: anche se si possono vestire ed addobbare in modo femminile, rifiutano l’identità di donna e la dimensione del piacere sensuale e sessuale.
Nell’anoressia, il corpo è ridotto all’osso e la negazione dell’identità di donna è totale, ma anche nell’alimentazione compulsiva, c’è una certa negazione delle forme femminili, che vengono coperte con i chili di troppo. Inoltre, il cibo viene scollegato dalla dimensione del piacere, dall’appagamento del bisogno e del desiderio, divenendo un oggetto fobico, o un riempitivo meccanico che induce malessere e colpa.
Questo discorso può essere declinato al maschile: anche i ragazzi possono avere problemi con l’assunzione dell’identità maschile adulta e con la gestione delle pulsioni sessuali e nascondere queste problematiche dietro ad un rapporto alterato con il cibo, o per esempio con l’allenamento.
La ricerca della perfezione, o l’abbandono di ogni controllo
Quando si innesca il meccanismo della ricerca della perfezione, dal punto di vista fisico e dell’alimentazione, ma anche dei comportamenti e dei pensieri, la mente dell’adolescente è sempre più presa nel circuito del controllo, i suoi interessi vanno via via restringendosi: l’autostima, l’umore, l’andamento delle giornate, dipendono da quanto e come si mangia o da quanto segna la bilancia.
Nell’anoressia, il controllo è mantenuto in modo ferreo, ad ogni costo: non è che la persona non abbia fame o desiderio del cibo, come dichiara, mentendo anche a se stessa, ma applica una forma estrema di diniego dei propri bisogni, istinti e desideri. In realtà, le anoressiche sono delle “morte di fame”, ma nel controllo onnipotente trovano l’unico godimento e l’unico trionfo per loro possibile. Questo meccanismo è così pericoloso che, nelle anoressie gravi, può intaccare l’istinto di sopravvivenza, fino alla morte.
Nella bulimia, invece, il controllo non tiene: le abbuffate si alternano ai tentativi di dieta e digiuno. Questi tentativi comportano un continuo sforzo ed un aumento della tensione interna, che viene sfogata, non avendo altri canali, attraverso le abbuffate compulsive. La persona allora si sente disperata, tremendamente inadeguata, e riprende i suoi tentativi di recupero dell’autostima e del controllo, sempre attraverso la dieta o il digiuno. Più la dieta diventa stringente, “per recuperare”, più le abbuffate vanno fuori controllo, a causa di meccanismi sia psicologici che biologici (scompensi chimici).
Nel disturbo da alimentazione incontrollata, la perdita di controllo può non essere limitata all’episodio di abbuffata, ma sfociare in una rinuncia generale a controllare la propria alimentazione. Le abbuffate servono a dare sfogo al proprio malessere, alla frustrazione, al senso di vuoto, oppure a tamponare vissuti sgradevoli o dolorosi, a tacitare i conflitti interni, ad anestetizzarsi rispetto a impulsi o desideri che non si sa come gestire. A volte sono l’unico mezzo che la persona ha a disposizione per affrontare tensioni e conflitti.
Quali adolescenti sono a rischio?
Gli adolescenti che sviluppano un disturbo alimentare sono spesso perfezionisti, non danno problemi a scuola e sono diligenti e ambiziosi nelle attività che intraprendono. In realtà, dietro al perfezionismo che li spinge a voler fare sempre meglio, a non farsi mai trovare impreparati, si cela una profonda insicurezza ed il bisogno di continue approvazioni dall’ambiente esterno (genitori, insegnanti, compagni). In alcune famiglie c’è un clima di aspettative molto alto, che non lascia spazio a cedimenti o errori.
Spesso hanno difficoltà nei rapporti interpersonali, anche se non immediatamente evidenti: timore di non essere all’altezza dei coetanei, paura di essere presi in giro. L’insicurezza e l’insoddisfazione nei confronti di se stessi viene riversata all’esterno come sfiducia negli altri, apparente senso di superiorità, fastidio e insofferenza. Gli altri sono vissuti come un peso perché non possono comprendere la loro problematica, né le necessità particolari che ne derivano. Spesso vengono rifiutate tutte le occasioni sociali che implicano il mangiare insieme, o sono vissute con grande tensione e angoscia.
Oltre alla fragilità dell’autostima, un aspetto centrale è quello dell’umore. Il disturbo dell’alimentazione può essere un tentativo (disfunzionale) di “curare” una sottostante depressione o una profonda instabilità dell’umore. Il perseguimento del digiuno, infatti, da un senso di onnipotenza e trionfo, mentre le abbuffate garantiscono un effetto anestetico rispetto a vissuti dolorosi e intollerabili. Digiunare o abbuffarsi diventano, dunque, una droga, usati alla stregua di un farmaco per tentare di automedicarsi.
La depressione sopraggiunge anche come una conseguenza, oltre che una causa, del disturbo alimentare, a causa delle privazioni, del senso di fallimento conseguente alle abbuffate, dell’isolamento sociale (poiché gli altri non comprendono le limitazioni alimentari, o non devono sapere delle abbuffate), ma anche per gli scompensi biologici conseguenti all’alimentazione inadeguata. Si determina così un circolo vizioso che incide drammaticamente sull’umore.
La paura di crescere
Questi adolescenti hanno una grande paura di diventare grandi, di separasi dal Sé bambino e dai genitori dell’infanzia, infallibili e onnipotenti, che nel bene o nel male rappresentano un punto di riferimento ed una fonte di sicurezza, per avviarsi sulla strada dell’autonomia e dell’indipendenza psicologica. Hanno una paura profonda, spesso inconscia, di non essere all’altezza dei ruoli e le responsabilità che l’età adulta comporta.
Ci sono situazioni di grandicontrasti con i genitori, legati proprio al conflitto tra il desiderio di autonomia e i forti bisogni di dipendenza. Infatti, un’accesa conflittualità nei rapporti genitori-figli testimonia proprio un’elevata dipendenza, spesso reciproca.
Talvolta i genitori, vedendo i figli così umorali, scontrosi, profondamente fragili, diventano ancora più protettivi e “invadenti”, sottovalutando le reali capacità dell’adolescente. Così, anche se in perfetta buona fede, finiscono per peggiorare la situazione.
Ci sono altre situazioni nelle quali domina un clima familiare di apparente armonia, in cui ogni conflittualità e ogni forma di aggressività è negata e repressa. Allora, il disturbo alimentare è un messaggio: c’è qualcosa da dire che non si riesce a dire, e talvolta nemmeno a pensare.
I genitori possono interpretare il rifiuto del cibo o la presenza di abbuffate come un attacco personale, ma più interferiscono sul piano alimentare trasformandolo in un terreno di scontro, più spingono, inconsapevolmente, verso una cronicizzazione del disturbo.
Il bisogno di aiuto
L’adolescente che, nel suo percorso di crescita, manifesti una difficoltà tale da esitare in un disturbo dell’alimentazione, ha sicuramente bisogno dell’aiuto di uno specialista per uscire da una impasse che può compromettere il buon esito del processo adolescenziale, cronicizzando un malessere e una problematica che tenderà a perdurare in età adulta.
La famiglia dell’adolescente è l’altra grande “vittima” del disturbo: le paure, i dubbi, non capire perché sta succedendo questo, non sapere come comportarsi. Ogni azione appare sbagliata, inadeguata. Spesso il disturbo alimentare del figlio ha, come effetto secondario, quello di tenere in scacco tutta la famiglia, in un clima continuo di tensione, manipolazione o ricatto emotivo.
Spesso è vero che, dietro al disturbo alimentare, c’è anche un messaggio aggressivo verso i genitori, ma l’aggressività è in questo caso l’unico modo che l’adolescente ha per tentare di “separarsi” e crescere.
Per questo, un approccio che prenda in carico l’adolescente, ma anche la sua famiglia, senza mai trascurare le implicazioni biologiche del disturbo, è la strada più opportuna per affrontare un disturbo alimentare in questa delicata fase della vita.
Per informazioni: contatti.
Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.
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Bibliografia
American Psychiatric Association (2013), Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione (DSM V), Tr. It. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.
Baldassarre M. (2016), La famiglia, l’anoressia e la morte, Ordine degli Psicologi del Venteto, www.youtube.com
Favaro A., Satonastaso P. (1996), Anoressia e bulimia. Guida pratica per genitori, insegnanti e amici, Positive Press, Verona.