Coppia: quanto è difficile farla funzionare?
Il segreto delle coppie felici e come uscire da una crisi in modo positivo.
Non è facile far funzionare un rapporto a due. Dopo l’innamoramento, l’idealizzazione dei primi tempi, quando la coppia si stabilizza, è inevitabile che emergano incompatibilità e conflitti, la cui gestione può essere più o meno difficile.
Per affrontare e superare le varie difficoltà che ogni relazione di coppia comporta, i partner devono mettere in campo alcune capacità fondamentali: ascolto, comunicazione, empatia, collaborazione, alleanza.
Quando si apre una crisi ed i problemi quotidiani diventano continui pretesti di malumori e litigi, la questione va considerata da un punto di vista più ampio, che comprenda non solo gli aspetti “pratici” e coscienti della percezione dell’altro e delle problematiche di coppia, ma anche gli aspetti più nascosti, inconsci, che riguardano cosa ciascuno ha proiettato sull’altro ed il patto inconscio sul quale si è strutturato il rapporto.
Il primo contratto ingannevole
La fase iniziale di ogni relazione d’amore presuppone una sorta di “contratto” tra le parti che è simile ad un iceberg: c’è una piccola parte emersa, costituita dalle regole e dagli accordi espliciti, consapevoli, ed una grande parte sommersa, che riguarda invece vincoli inconsapevoli di tipo emotivo relativi alle aspettative inconsce di ciascuno sul partner e sulla relazione.
L’aspettativa iniziale che ci porta a investire sull’altro, a innamorarci di lui, è sempre, a livello inconsapevole, quella che egli corrisponda al partner immaginario che abbiamo nella nostra mente, in grado di appagare tutti nostri bisogni, colmare i nostri vuoti. La persona scelta si presta a convalidare una specifica immagine di noi e a realizzare la nostra personale visione dell’intimità e della coppia.
L’innamoramento e la scelta del partner sono scarsamente legati alle caratteristiche reali della persona amata. Infatti, pur rimanendo queste caratteristiche inalterate, l’amore può finire e la coppia rompersi. Nell’innamoramento ognuno propone all’altro, ma anche a se stesso, una immagine ideale di sé, da cui il partner sarà più o meno attratto, nella misura in cui essa corrisponde alla soluzione di bisogni antichi e profondi.
Il primo accordo che sancisce la nascita di ogni coppia è un “contratto fraudolento”, nel quale ciascun partner coglie inconsciamente, ma abbastanza precisamente, l’immagine dei bisogni dell’altro e agisce promettendo di soddisfarli. La parte sommersa di questo contratto è basata su una illusione: ognuno assicura all’altro che grazie a lui potrà sentirsi al centro del mondo, riempire un vuoto incolmabile. Ed è proprio questa illusione a costituire il nucleo problematico la coppia si scontrerà nelle fasi successive del rapporto.
Il ruolo della storia personale e dei bisogni emotivi di ciascun partner
Più l’individuo ha bisogni emotivi potenti e insoddisfatti, e soprattutto non ne è consapevole, più tenderà, durante l’innamoramento, a investire il partner con eccessive aspettative inconsce e a costruirsi di lui un’immagine deformata, troppo lontana dalla realtà.
Questi bisogni hanno a che fare con la nostra storia infantile e familiare: la relazione con i genitori, e dei genitori tra loro, sono per il bambino le prime esperienze d’amore in cui impara le “regole” sui rapporti intimi.
Impariamo l’amore dalle nostre famiglie, quando riceviamo calore e attenzioni che aprono la strada ai futuri scambi emotivi con l’altro. Da loro impariamo a riconoscere ed esprimere le nostre emozioni, a ricercare la soddisfazione dei nostri bisogni all’interno di una relazioni intima sana, ad aprirci all’altro e a tutelarci. Se ci sono problemi in queste prime relazioni, questi diventano, se non affrontati ed elaborati, la base per problemi nelle future relazioni.
Più una persona ha dovuto reprimere nell’infanzia i bisogni vitali per l’impossibilità che i genitori li soddisfacessero, più nell’innamoramento questi riemergeranno con l’illusione che verranno finalmente soddisfatti. Questa illusione si struttura su tre elementi:
- senso di aver ritrovato qualcosa di familiare a conferma del sé e dei propri modelli interni;
- senso di aver trovato la possibilità di sperimentare il cambiamento attraverso una nuova esperienza;
- possibilità di curare le proprie parti sofferenti, soddisfare i bisogni insoddisfatti e trovare soluzioni nuove a problemi antichi.
La coppia è per ciascuno il tentativo di risolvere, in senso propulsivo (per crescere) o regressivo (tornando indietro), le tematiche interne individuali.
Profondi bisogni inconsci insoddisfatti possono determinare una sorta di “coazione a ripetere”: si finisce sempre nello stesso tipo di situazione, pur cercando disperatamente un cambiamento.
Più si conoscono ed si elaborano i propri bisogni emotivi insoddisfatti, più si sarà capaci di scegliere un partner che si “incastri” bene con noi, evitando di cadere in innamoramenti sbagliati, in cui si percepisce l’altro in modo troppo distante dalla realtà, o si carica il rapporto di aspettative irrealistiche.
La rinegoziazione del primo contratto e la stipula del nuovo
Nel corso di ogni relazione, quando il primo contratto viene superato, sia apre una crisi che ne richiede una presa di coscienza e una rinegoziazione. Questo avviene perché quel patto si basava su premesse irrealistiche (l’altro risolverà i nostri problemi), ma anche perché le persone cambiano, e non sempre nella stessa direzione. Quello che era funzionale un tempo, diventa scomodo e insopportabile successivamente, ad uno a entrambi i partner. La crisi richiede, per essere superata, la creazione di un secondo accordo, basato su premesse nuove e più realistiche.
Che questo avvenga o meno non dipende non tanto dalle caratteristiche del primo contratto, quanto dal codice che lo governa: quanto sono flessibili le sue regole? Possono essere riviste?
Quando il primo contratto va in crisi, e bisogna rinegoziarlo, si possono aprire tre scenari:
- evitamento della crisi;
- ingresso nel circuito della delusione, con una crisi dominata dal tentativo di ripristinare gli elementi illusori del primo contratto;
- disillusione ed accettazione della realtà propria e dell’altro.
La coppia sana, nata su un contratto che prevede possibilità di evoluzione, attiverà una negoziazione sia a livello delle regole della coppia sia dell’immagine di sé e dei bisogni profondi relativi alla sfera emotivo-affettiva di ciascun partner.
Alla fase iniziale di idealizzazione, necessaria all’innamoramento, in cui l’altro è vissuto come “totalmente buono”, ed alla fase successiva della delusione, in cui l’altro diventa “totalmente cattivo”, seguirà la fase della disillusione, in cui si accede ad un giudizio realistico, in cui il partner è visto, ed accettato, per quello che è, con i suoi pregi e i suoi difetti.
Le coppie con un primo contratto patologico, invece, di fronte alla crisi tendono a irrigidirsi, le loro reazioni sono volte a proteggere le illusioni ad ogni costo, attraverso modalità condivise di collusione e incastri reciproci. Manca la consapevolezza della parte sommersa del primo contratto: il partner non è visto per ciò che è, ma per l’ideale che doveva rappresentare, con tutte le recriminazioni rispetto alle promesse tradite.
Se nel percorso A la coppia evita, in modo patologico, di confrontarsi con la crisi, evitando di riconoscere i vissuti legati alla delusione, nel percorso B, invece, si apre una crisi dolorosa, in cui le tensioni interne ed i conflitti si manifestano con litigi futili apparentemente attinenti all’organizzazione esterna (lavoro, vacanze, amici) o con la produzione di sintomi soggettivi (emicranie, tachicardie, fobie), finalizzati entrambi all’estrema difesa del/dal mondo illusorio interiore.
Quando rivolgersi ad un terapeuta di coppia
Quando si stabilizza una crisi di coppia c’è sempre un patto inconsapevole tra i partner, che evitano il peso di confrontarsi con la realtà, spostando il problema su questioni esterne. La crisi, i litigi, le recriminazioni reciproche hanno la funzione di “barriera magica” nei confronti dell’angoscia interna, tanto più forte quanto più i partner mancano di differenziazione ed autonomia personale.
Questo “stallo patologico” può aver bisogno di un intervento professionale esterno, affinché si riattivino i processi evolutivi della coppia e individuali e si possa trovare una soluzione, che non è sempre il rimanere insieme.
Quando la coppia arriva in terapia, il terapeuta valuta il suo funzionamento prendendo in considerazione, tra le altre cose, due dimensioni fondamentali: la coesione e la flessibilità. Nelle coppie disfunzionali, i partner sono troppo vicini o troppo lontani e sono incapaci di rispondere adeguatamente agli umori ed alle esigenze mutevoli dell’altro, comportandosi in modo estremamente rigido: ognuno ha un preciso ruolo, sembrano recitare un copione dal quale non riescono ad uscire.
Ci sono coppie i cui scambi sono caratterizzati in maniera stabile da forti reazioni emotive, poiché i partner non hanno un livello di autonomia tale (dalla propria storia infantile, dalle famiglie d’origine, dal partner) da permettere loro di sostenere un confronto quando emergono punti di vista diversi.
La necessità di assimilare l’altro in un proprio rigido schema interno porta ad una distorsione della percezione della realtà e a una perturbazione della relazione, con il determinarsi di specifici circuiti disfunzionali: la delusione, le recriminazioni, la rabbia, la distanza emotiva, l’eccessiva sensibilità alle reazioni dell’altro, le continue richieste, critiche o rimproveri, i silenzi ostili, le ritorsioni.
Ognuno chiede all’altro di essere l’incarnazione di quelle parti che completano e sostengono un modello rigido e disfunzionale d’identità personale. Su questo vincolo collusivo si fonda il paradosso di due individui che rimangono insieme, pur dichiarandosi infelici, in quella condizione in cui non si può vivere con l’altro, ma nemmeno senza. Queste persone, anche quando decidono di separarsi, rimangono per sempre unite nel conflitto e nel rancore reciproco.
La terapia di coppia aiuta i partner a riprendere ciascuno le proprie parti messe nell’altro e farsene carico. L’uscita dalla delusione si determina quando l’altro passa dall’essere visto per come noi abbiamo bisogno che sia ad essere riscoperto come una persona autonoma, in parte “sconosciuta”, che abbiamo bisogno di conoscere nuovamente. Se non è possibile stare insieme, costruendo in terapia un nuovo accordo più funzionale, la soluzione più sana è procedere, anche con l’aiuto del terapeuta, ad una separazione: meglio affrontare la paura di stare soli, e le problematiche pratiche legate alla fine del rapporto, che essere infelici per sempre, dando la colpa all’altro.
Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.
Bibliografia
Malagoli Togliatti M., Angrisani P., Barone M (1999), La psicoterapia con la coppia. Il modello integrato dei contratti. Teoria e pratica, Franco Angeli, Milano.