La riscoperta del coraggio: affrontare la vita a testa alta
Perché è importante riscoprire, insegnare ed allenare il coraggio: la capacità di affrontare le difficoltà a testa alta e fare la “cosa giusta” nonostante le paure.
Colui che non salpa finché tutti i pericoli non sono passati non si metterà mai per mare.
(R.B. Fuller)
Se c’è una virtù al giorno d’oggi particolarmente trascurata, nel discorso comune e nell’educazione delle nuove generazioni, questa è il coraggio. Un tempo definito “la virtù delle virtù”, senza la quale nessun’altra è possibile, oggi appare antiquato, fuori moda, scomodo, forse pericoloso.
La società del benessere, che ha come massimi valori la sicurezza, psicologica e materiale, il confort, l’eliminazione di ogni rischio, dimentica facilmente il valore del coraggio. Da genitori ansiosi e iperprotettivi quali siamo, è più facile insegnare la prudenza, la diplomazia, la tutela dei propri interessi, anche a costo di un certo cinismo, piuttosto che la necessità di pensare ed agire in modo coraggioso.
Ma cosa si deve intendere, esattamente, per coraggio e perché, invece, è così indispensabile?
Cosa è e cosa non è il coraggio
Innanzitutto, il coraggio non è incoscienza, imprudenza o sprezzo del pericolo. Non è sfida per il gusto della sfida, o per dimostrare qualcosa a qualcuno, che è al contrario indice di insicurezza e conformismo. Il coraggio non è assenza di paura, ma resistenza alla paura, padronanza della paura.
La paura è una delle emozioni umane fondamentali, parte del nostro equipaggiamento psico-biologico per la sopravvivenza. La paura ci segnala la presenza di un pericolo e la necessità di reagire per metterci in salvo. Il pericolo può essere fisico o psicologico e, grazie alla percezione della paura, possiamo equipaggiarci per affrontarlo nel migliore dei modi.
Ma quando la paura prende il sopravvento sulle altre facoltà mentali, il risultato è la disorganizzazione del pensiero e del comportamento o la paralisi.
Il coraggio: l’interruttore che “spegne” la paura
La paura lasciata a briglia sciolta diventa ansia, angoscia incontenibile, che si sgancia dalla realtà oggettiva del pericolo temuto e si alimenta di fantasie, pensieri e proiezioni incontrollate. Quello che temiamo non è più l’oggetto del pericolo, ma la sua ombra ingigantita e distorta proiettata sul muro della nostra sfrenata immaginazione.
Pensate ad un animale sopra un mobile, in penombra, e immaginate la sua ombra gigante proiettata sul muro: l’animale potrà essere fastidioso o anche pericoloso, certo, ma se reagiamo alla sua ombra, invece che a esso, non metteremo mai in atto i comportamenti idonei a contenere il problema. Il vero problema diventerà, quindi, la nostra reazione.
Cosa è il coraggio, in questo caso? Il coraggio è l’interruttore della luce, che ci permette di guardare in faccia il pericolo ed affrontarlo per quello che è, né più né meno.
Il proverbio che recita: “il diavolo non è brutto come lo dipingono” significa proprio questo, che non c’è niente di più spaventoso della nostra immaginazione. Anche la situazione peggiore, se la si guarda in faccia con coraggio, può (e deve) essere in qualche modo affrontata.
Il circolo virtuoso del coraggio
Dunque, come dicevamo, il coraggio non è assenza di paura, perché se non si percepisce il pericolo si può parlare solo di incoscienza, di follia.
Spesso, la negazione del pericolo deriva proprio da un’eccessiva paura con cui non si vuole fare i conti. Così, si preferisce pensare che il pericolo non ci sia, si procede come se nulla fosse, fino alle estreme conseguenze. Si deve essere veramente folli, per non avere paura di nulla.
Il coraggio, al contrario, si fonda proprio sulla paura, essendone il superamento: coraggio è vedere chiaramente il pericolo, ma decidere di affrontarlo a viso aperto, mettendo in campo tutti gli strumenti idonei ad “avere la meglio” nella nostra battaglia.
Sia la paura che il coraggio si autoalimentano: più ho paura, più evito di affrontare le situazioni, più queste mi spaventeranno (circolo vizioso). Più affronto le mie paure, più mi sento forte, più sarò in grado di misurarmi con nuove sfide (circolo virtuoso).
Il coraggio a cosa serve?
Per rispondere in una parola, il coraggio serve a vivere. Il coraggio è la forza d’animo con cui si affrontano le difficoltà. E la vita è fatta di difficoltà. È ciò che ci permette di affrontare i rischi. E nulla di significativo può essere fatto senza affrontare alcun rischio.
Il coraggio è la moneta con cui paghiamo la nostra crescita: ogni cambiamento è un salto nel buio, rinunciare alla rassicurante strada vecchia per la nuova, sconosciuta. È uscire dalla zona di confort, dalle vie che qualcun altro, o il nostro “vecchio Sé”, ha tracciato per noi.
Il coraggio è autostima. Come diceva R.W. Emerson: “la fiducia in se stessi è l’essenza dell’eroismo”. E ancora, Euripide: “Perseverare confidando nelle proprie forze è coraggio, il codardo si dispera”.
Il coraggio è pensare fuori dagli schemi e dire quello che si pensa anche se contrario al sentire comune. È decidere e prendersi la responsabilità delle proprie scelte, senza delegare “Altri” a scegliere per noi.
Il coraggio è necessario per coltivare buone relazioni: nessun rapporto sano si basa sulla paura di essere se stessi, di dire le cose come stanno, di esprimere le proprie emozioni, per timore di “far dispiacere” o “far arrabbiare” l’Altro. Non ha veri amici chi ha paura di farsi nemici (W. Hazlitt).
Il coraggio serve a fare scelte lavorative in linea con la propria personalità e i propri obiettivi: non c’è nulla di male a intraprendere percorsi basati sulla “sicurezza”, intendiamoci, ma chi ha determinate ambizioni deve avere il coraggio di sostenerle con scelte altrettanto ambiziose e difficili.
Coraggio è saper ammettere gli errori, chiedere scusa, cambiare strada. Solo chi è in grado di affrontare le difficoltà senza arrendersi e, soprattutto, di reggere il fallimento, può conoscere il successo.
Coraggio è sapersi confrontare con idee, scelte, stili di vita diversi dai propri. Chi è saldo nella propria identità non teme il confronto con gli altri. La rabbia e il disgusto verso il “diverso” non sono altro che difese di fronte alla propria fragilità.
Coraggio è anche uscire dall’indifferenza e dal cinismo che ci spinge a tutelare i nostri meschini interessi, a scapito di una visione più “in grande” della nostra esistenza: a voltarci dall’altra parte di fronte alle ingiustizie, purché non tocchi a noi, a schierarci dove è più comodo, dalla parte del forte contro il debole, soprattutto con il disinteresse e il tacito assenso allo status quo.
Se manca il coraggio, c’è un prezzo da pagare
Il prezzo della mancanza di coraggio è alto, talvolta drammatico, poiché dipende soprattutto dal coraggio la qualità delle nostre piccole e grandi scelte quotidiane.
La mancanza di coraggio porta a vivere passivamente, a delegare la propria felicità agli altri, a pensare in maniera conformista, a innamorarsi di capi carismatici e a dipendere da genitori o partner più o meno narcisisti che, pensando per noi, ci tolgano la responsabilità delle nostre scelte.
Senza coraggio, si finisce per vivere una vita vuota, “appaltata” a qualcun altro, con amori che non sono amori, amicizie che non sono amicizie, progetti che non sono i nostri progetti.
In definitiva, il coraggio è indispensabile all’esercizio della propria libertà, poiché chi vuole cogliere i frutti della libertà, deve sottoporsi alla fatica del sostenerla.
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Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.