In lotta con il cibo. Perché le diete non funzionano
Le diete alimentari restrittive sono difficili da seguire e spesso efficaci solo a breve termine. Eppure moltissime persone le intraprendono continuamente, votandosi al fallimento e alla demoralizzazione. Allora, quale è la soluzione?
Se te lo concedi puoi rinunciarvi, se non te lo concedi diventa irrinunciabile.
(G. Nardone)
Quasi tutti, nella vita, prima o poi si mettono a dieta, ma per alcuni il rapporto con il cibo assomiglia ad una lotta continua, caratterizzata da ricorrenti tentativi di mettere sotto controllo la propria alimentazione e perdere peso, seguiti da periodi in cui si allenta il controllo e si recuperano i chili, spesso con gli interessi.
In realtà, seguire una dieta alimentare restrittiva a lungo termine è veramente difficile: ai successi si alternano insuccessi e ricadute, tanto che spesso non si raggiungono, o almeno non a lungo, i risultati desiderati.
Le ricerche dimostrano chiaramente che la stragrande maggioranza delle diete finisce, a lungo termine, con un fallimento. Eppure continuiamo a ricorrervi ossessivamente, in un ciclo senza fine di “rinunce” e di “rinunce alla rinuncia”, con il risultato di sentirsi sempre insoddisfatti e deprivati su tutti i fronti.
Il problema della dieta restrittiva
Il problema della dieta restrittiva non sta nella sua efficacia (se si mangia meno di ciò che si consuma, si perde peso), ma nella possibilità effettiva di metterla in pratica nel tempo.
Molti pensano che la difficoltà a seguire una dieta sia imputabile alla mancanza di volontà, per cui si colpevolizzano e si ripromettono di intraprendere un regime alimentare ferreo “da lunedì”, ma poi ogni piccolo sgarro porta alla demoralizzazione, a rinunciare e a rimandare sempre i buoni propositi.
Ma questi propositi, sono poi così buoni? Perché le diete restrittive sono così difficili da portare avanti e, nella stragrande maggioranza dei casi, fallimentari, almeno a lungo termine?
Il nodo problematico potrebbe essere non tanto nella volontà e diligenza di chi si mette a dieta, ma nella struttura e nelle conseguenze della dieta stessa.
L’inganno e il cortocircuito delle diete restrittive
Il fatto che una dieta restrittiva possa risultare efficace nel breve periodo non fa che illuderci che sia effettivamente la soluzione al problema e ci precipita nel circolo vizioso di fallimenti-successi-fallimenti in cui molte persone rimangono incastrate a vita.
Come sottolinea Nardone (2007), il nostro rapporto con il cibo (e con la vita aggiungerei) si basa essenzialmente sul piacere. Quando si instaura un braccio di ferro tra forza di volontà e ricerca del piacere, a lungo andare sarà sempre il piacere a prevalere.
Pensare di poter tenere a bada con l’autocontrollo e la razionalità il desiderio, il bisogno emotivo, la fame di gratificazione è frutto di un pregiudizio razionalista, ormai ampiamente confutato dalla ricerca scientifica ed estremamente dannoso.
Per questo le diete che si basano su una eccessiva limitazione e restrizione, per esempio quelle in cui ci si vieta tutti i cibi più calorici, sono votate fin dall’inizio al fallimento.
Il controllo e la perdita del controllo
Purtroppo, quando si tenta di risolvere il problema del peso con un approccio rigido, che si basi esclusivamente sulla limitazione e sul sacrificio (come eliminazione dei cibi preferiti, sessioni interminabili di esercizi fisici, divieto di pasti fuori casa, ecc.), si possono ottenere gravi effetti collaterali.
Lo squilibrio che si crea nei meccanismi biologici e psicologici del piacere e della ricompensa e l’eccessivo forzare una strategia rigida di iper-controllo porta spesso alla perdita totale del controllo, con condotte alimentari sregolate o episodi ricorrenti di abbuffate compulsive.
Un serio fattore di rischio rispetto alla perdita totale del controllo è proprio il pensiero tutto-o-nulla: o riesco a seguire alla lettera il regime che mi sono imposto oppure abbandono ogni tentativo di autocontrollo, pensando “è l’ultima volta che mangio questo”, oppure “da domani digiuno”.
Ma il controllo funziona solo attraverso la flessibilità: ciò che è flessibile si adegua, ciò che rigido si può solo spezzare alla prima tensione.
Il ciclo delle abbuffate
Un’abbuffata è un episodio in cui si mangia, in un dato periodo di tempo, una quantità di cibo eccessiva, con la sensazione di perdita di controllo su cosa e quanto si sta mangiando.
Considerando che le abbuffate sono una conseguenza tipica delle restrizioni alimentari, a causa di specifici e comprovati meccanismi sia di tipo biologico che psicologico, sottoporsi a una dieta eccessivamente restrittiva ci espone significativamente al rischio di cadere in simili condotte.
Tipicamente, ad un episodio di abbuffata segue un profondo senso di colpa e di vergogna, dovuto al vissuto di fallimento e inadeguatezza. Quindi, subentra l’esigenza di riprendere il controllo, sottoponendosi a una dieta ancora più rigida.
All’aumento della restrizione della quantità e della varietà dei cibi, con l’eliminazione dei cibi preferiti e il sacrificio di ogni piacere legato all’alimentazione, aumenta (fisiologicamente e inevitabilmente), il senso di fame e di desiderio incontrollabile di cibo, fino alla nuova abbuffata.
Così si instaura il ciclo delle abbuffate, conseguenza della trappola della dieta, che può tenere in scacco una persona a vita.
Come recuperare un rapporto sano con il cibo
Essere in forma dal punto di vista fisico è legato al concetto di salute e non può prescindere da un sano ed equilibrato rapporto con il cibo, fondato sul piacere del mangiare, del sentirsi bene, delle buone abitudini a tavola, della compagnia. Eliminando il piacere, il rapporto con il cibo diventa inquieto, punitivo e terreno di disastri fisici e psicologici.
Solo concedendosi il piacere del cibo nella sua qualità si può rinunciare alla quantità, all’eccesso dovuto al bisogno di compensazione di un malessere, aggravato dal senso di inadeguatezza o di colpa. L’“effetto trasgressione”, infatti è direttamente proporzionale alla rigidità del divieto.
Più che sacrificare il desiderio, si può invece incanalare il desiderio, che deve trovare una sua via di sana gratificazione.
Se trovare questo equilibrio risulta troppo difficoltoso, ci può essere alla base una problematica emotiva o un disturbo alimentare di cui indagare le cause e da affrontare con l’aiuto di un professionista esperto.
Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.
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Bibliografia
American Psychiatric Association (2013), Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione (DSM V), Tr. It. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.
Nardone G. (2007), La dieta paradossale, Ponte alle Grazie, Milano.