Shopping compulsivo: cosa c’è dietro la spinta ad acquistare in modo sfrenato?
Lo shopping non è sempre, e per tutti, un passatempo innocuo. Quando diventa compulsivo, può nascondere bisogni e problematiche nascoste.
Un’abitudine diffusa come lo shopping, un passatempo apparentemente innocuo, può trasformarsi in una vera e propria dipendenza patologica, con gravi ripercussioni sulla vita di chi ne soffre.
La persona dipendente dagli acquisti non può fare a meno di comprare, spesso cose inutili e superflue, con un notevole dispendio di denaro, ma anche di tempo, consumato tra centri commerciali, boutique, mercatini o negozi online.
Questo comportamento, che solitamente non suscita preoccupazione o riprovazione sociale, a meno che non porti a gravi problemi finanziari, può in realtà nascondere una sofferenza emotiva profonda o veri e propri disturbi psichici non diagnosticati.
Chi è dipendente dallo shopping sperimenta un senso di vuoto, un disagio e uno stato di tensione crescente, che trova sollievo solo mettendo in atto la condotta d’acquisto.
Ma come distinguere un amante dello shopping sfrenato da una persona con un disturbo?
La tendenza ad acquistare in modo eccessivo non costituisce, di per sé, un comportamento patologico, ma è la modalità compulsiva la vera discriminante, accompagnata da conseguenze invalidanti sul piano psicosociale, relazionale e finanziario.
“Compulsivo” significa che il soggetto non è realmente libero di scegliere quando e cosa acquistare, ma è spinto da una forza interna che non riesce ad arginare, dunque “obbligato”. Nonostante possa trovare giustificazioni e razionalizzazioni per i suoi acquisti, si rende conto, a qualche livello, di avere un problema.
Alla base del disturbo c’è una disregolazione impulsiva e la tendenza a cercare un sollievo o una gratificazione immediata e di facile accesso, poiché la tensione interna, che sia piacevole o spiacevole, non può essere tollerata.
La tendenza all’acquisto compulsivo è volta, dunque, a ridurre la tensione emotiva, ma dopo un’iniziale sollievo, la persona sperimenta nuovamente tensione e disagio, talvolta accompagnati da vergogna e sensi di colpa per la perdita di controllo sul proprio comportamento.
Spesso, dietro alla dipendenza da acquisti, si nasconde un’identità fragile e una bassa autostima, per cui lo shopping diventa una condotta compensatoria e consolatoria, fonte di gratificazione personale e rafforzamento della stima di sé.
Esiste un piano culturale e sociale condiviso riguardo al valore simbolico di determinati oggetti, ma questo dipende anche dalla storia di vita e dalla personalità dell’acquirente, dunque non si può generalizzare rispetto al significato psicologico di determinati acquisti. Gli articoli comprati sono per lo più legati alla immagine e allo status sociale: scarpe, borse, vestiti, gioielli, auto, gadget tecnologici, trattamenti estetici.
La dipendenza da shopping ha una base biologica: comprare qualcosa di bello provoca piacere, euforia, eccitazione, una sensazione simile a quella provata da piccoli, quando scartavamo i regali di Natale. Dal punto di vista fisiologico, nel nostro corpo, abbiamo un aumento di alcune sostanze chimiche che garantiscono un senso di benessere e innalzano il tono dell’umore (endorfine, dopamina, adrenalina).
Naturalmente, queste sostanze sono prodotte in coincidenza di molte altre attività piacevoli, e anche gratuite, ma lo shopping diventa una scarica immediata e a portata di mano, talvolta di un click.
In questo tipo di problematica, la depressione ha un ruolo centrale: di fronte a vissuti dolorosi, o a un cronico senso di vuoto, la persona si “cura” con un’attività che le garantisce un rapido rialzamento del tono dell’umore e un senso di sollievo generale, prima di ripiombare nella spirale depressiva.
Anche l’ansia e lo stress emotivo sono determinanti: nei periodi di vita difficili o particolarmente stressanti, caratterizzati da problematiche familiari o lavorative, delusioni sentimentali, cambiamenti improvvisi, separazioni o lutti, le abbuffate di shopping, in una personalità già predisposta, possono andare fuori controllo.
Fondamentalmente, lo shopping compulsivo è un tentativo di regolare gli affetti, nonché la manifestazione sintomatica di un conflitto interiore o di una problematica esistenziale. Tale modalità di risolvere uno stato di disagio e sofferenza è però fallimentare, perché il sollievo pret-à-porter lascia subito il passo a nuovo malessere, disillusione, ansia e altri vissuti negativi.
Come in tutte le dipendenze, la “soluzione ” diventa il problema, innescando un circolo vizioso di depressione-acquisto-euforia-depressione. Inoltre, la dipendenza dalle gratificazioni esterne, che tende ad autoalimentarsi, impedisce di individuare i veri problemi e cercare una reale soluzione, lasciando ancora più indeboliti e vulnerabili.
La compulsività, caratteristica di tutte le condotte di abuso, è presente in molti quadri clinici, come ansia, depressione, disturbo ossessivo compulsivo, disturbo bipolare o disturbi di personalità.
Da questo punto di vista, ci può essere molto in comune tra un alcolista, un giocatore patologico e uno shopping-dipendente, mentre dietro a due dipendenze uguali potrebbe non esserci lo stesso quadro psicopatologico.
Dunque, la prima cosa è sempre una diagnosi accurata: solo inquadrando esattamente il tipo di struttura e funzionamento psichico alla base del disturbo, la storia di vita della persona e le dinamiche familiari, si potrà pianificare un trattamento personalizzato ed efficace.
Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.