Terapia e dintorni: cosa succede davvero nella stanza del terapeuta?
Come funziona la terapia? Cosa succede nella stanza del terapeuta? Quali sono gli obiettivi del trattamento? Cerchiamo di rispondere ad alcune di queste domande.
La psicoanalisi aiuta le persone a diventare quelle che sono.
(F. Dolto)
La psicoanalisi è, prima ancora di una tecnica terapeutica, una visione dell’essere umano caratterizzata dal rispetto per la ricchezza e complessità della psiche e dal rifiuto di ogni forma di determinismo e riduzionismo.
Seguendo la famosa metafora dell’apparato psichico come un iceberg, sappiamo che i processi consci ed espliciti sono solo la punta di esso, mentre tutto il sommerso (la stragrande maggioranza) è costituito da processi di cui non siamo consapevoli, o perché “inconsci”, cioè rimossi o negati a causa del conflitto o della sofferenza che procurano, o perché semplicemente “impliciti”, cioè operanti a più livelli al di fuori della consapevolezza. L’inconscio: siamo padroni a casa nostra?
Le nuove scoperte delle neuroscienze hanno ampliamento confermato che la maggior parte della vita mentale è inconscia. Inoltre, vi sono consistenti prove scientifiche a conferma di altre fondamentali ipotesi psicoanalitiche:
– che le esperienze infantili giocano un ruolo centrale nello sviluppo della personalità, specialmente rispetto al modo in cui gli individui vivono le successive relazioni sociali;
– che le rappresentazioni mentali di sé, degli altri e delle relazioni guidano le interazioni sociali ed hanno un ruolo determinante in molte forme di psicopatologia;
– che i processi mentali, inclusi quelli affettivi e motivazionali, operano simultaneamente in parallelo, sicché gli individui possono avere sentimenti conflittuali verso la stessa persona o situazione e formare compromessi al di fuori della consapevolezza.
La conoscenza degli altri porta alla saggezza, la conoscenza del Sé all’illuminazione.
(Lao Tzu)
La terapia psicodinamica è orientata a comprendere e curare le cause del disagio interiore e delle problematiche relazionali, anziché limitarsi al trattamento del sintomo o alla correzione dei comportamenti disfunzionali.
Di importanza fondamentale, oltre alla dimensione intrapsichica della persona, dunque alla comprensione profonda della natura della sua angoscia, dei suoi meccanismi difensivi, dei suoi modelli relazionali, è la comprensione del suo contesto di vita e delle sue relazioni reali con le persone per lui significative.
Secondo l’ottica psicodinamica, un disturbo psicologico può essere legato ad un conflitto inconscio che cerca espressione attraverso determinati sintomi, con il corollario di meccanismi difensivi e strategie comportamentali attivati per gestire tale conflittualità e difendersi dall’angoscia e dalla sofferenza associate.
Oppure possiamo trovarci in presenza di un deficit, quando la persona soffre a causa di carenze nella strutturazione della sua personalità, dovute problematiche e traumi nella sua storia di vita.
Particolarmente importanti sono considerati i modelli operativi interni: rappresentazioni di “Sé in relazione con l’Altro”, che si costruiscono a partire dalle esperienze infantili con le figure genitoriali e veicolano convinzioni implicite e persistenti su se stessi, sugli altri e sulle relazioni, con le relative emozioni associate. Questi modelli inconsci, se disfunzionali, possono causare sofferenza e difficoltà interpersonali.
La teorie psicoanalitiche ci hanno fornito una descrizione piuttosto dettagliata di come i diversi tipi di esperienza relazionale precoce impattino positivamente o negativamente sulla struttura psichica in evoluzione. Le esperienze infantili e le successive vicende evolutive sono considerate centrali nel determinare la personalità adulta, sia dal punto di vista dei deficit strutturali che dei conflitti e dei modelli relazionali disfunzionali.
Non è del tutto giusto dire che la psicoanalisi sia un dialogo a due. E’ piuttosto un monologo in presenza di un interprete.
(J.L. Moreno)
Nelle sedute terapeutiche, il fulcro di interesse è il mondo interno della persona: fantasie, sogni, paure, speranze, desideri, immagine di sé e degli altri. Inoltre, l’attenzione è focalizzata sui modelli relazionali interni che vengono indagati a partire dalla riflessione sulle relazioni del paziente, ma anche nel qui ed ora della relazione terapeutica, che come una relazione “in laboratorio” getta luce su quello che succede alla persona fuori dallo studio del terapeuta.
Gli obiettivi del trattamento sono pensati a seconda della specifica situazione e non si riducono mai alla sola remissione dei sintomi. Tra i principali vi sono:
- comprendere la propria storia personale ed, insieme al clinico, creare una narrazione che dia senso alla propria sofferenza, passata ed attuale;
- conoscere meglio se stessi: la propria identità, i propri desideri, sentimenti ed obiettivi;
- riconoscere, esprimere e padroneggiare le emozioni;
- accrescere l’autostima;
- attenuare i sintomi;
- sviluppare strumenti per far fronte alle difficoltà della vita;
- riuscire ad amare, lavorare ed avere relazioni mature (non essendo dipendenti da relazioni distruttive);
- raggiungere un senso di libertà, autonomia e controllo della propria vita.
La conoscenza di se stessi è uno degli scopi del trattamento psicoanalitico, ma l’accettazione di sé è un obiettivo ancora più importante. Più si accettano aspetti di sé considerati riprovevoli, più si sfugge al loro controllo.
(N. McWilliams)
La relazione tra terapeuta e paziente, in particolare la cosiddetta “alleanza terapeutica”, è il fattore centrale nella riuscita di ogni forma di terapia, come dimostrato dalle ricerche internazionali. Questo vuol dire che paziente e terapeuta lavorano insieme affinché il paziente conosca meglio se stesso, cambi i suoi pensieri e i suoi comportamenti disfunzionali, affronti le sue paure, riconosca i suoi desideri e trovi modi adeguati per soddisfarli.
Mantenere l’alleanza terapeutica non è sempre facile, poiché il rapporto con il clinico è a volte caratterizzato da una forte carica emotiva e possono emergere difficoltà, anche a causa dei fenomeni transferali, cioè quei meccanismi che fanno sì che il paziente viva il terapeuta come una figura significativa del proprio passato, dunque proietti su di lui sentimenti positivi o negativi legati a tale figura. Inoltre, ognuno di noi tende a riprodurre inconsapevolmente nelle relazioni alcuni schemi e modalità più o meno adattive, e questo avviene anche nella relazione terapeutica, che diventa il contesto privilegiato per analizzare, comprendere ed in caso correggere tali modalità.
La capacità di ricomporre positivamente le rotture dell’alleanza terapeutica, dunque di superare difficoltà e disaccordi, è uno degli elementi più significativi rispetto al successo della terapia.
Ogni uomo deve lavorare sulla narrazione della propria storia per poter riprendere la sua identità personale. Ma talvolta non basta che ci sia semplicemente un Altro ad ascoltare, c’è bisogno anche di qualcuno che ci prenda a cuore.
(S.B. Kopp)
Tutto il percorso terapeutico è un lavoro di collaborazione, in cui il paziente è più che mai attivo ed al “timone della nave”. Per quanto un terapeuta possa impegnarsi nell’aiutare un paziente a cambiare, la decisione di cambiare e la responsabilità del cambiamento è sempre del paziente stesso.
Contatti: studio di psicologia e psicoterapia
Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.